Su «Almendra» di Sohn Won Pyung
Una Recensione di Perla Sandoval
(Italiano / Español)

Sarà vero che io possa provare più emozioni che le altre persone? Sarà possibile che il mio cuore, per alcuni momenti, diventi qualcos’altro insieme alla mia mente e forse in quel modo io non ce la faccia più a controllare quello che provo. Dovrò sempre finire facendomi a pezzi tra gioia, tristezza, paura, rabbia, amore? Sono tutte domande che mi faccio una volta al giorno.
Quando ho iniziato a leggere “Almendra” mi domandavo quali sarebbero state le emozioni che mi avrebbe fatto sentire. Nella mia situazione attuale non sono pronta per essere esposta a delle emozioni troppo forti, neanche se sono di gioia estrema oppure di dolore devastante. “Non sono pronta per piangere un’altra volta”, ho pensato.
In ogni pagina ho comunque trovato conforto con Yunjae, un ragazzo di 16 anni che non è capace di provare «niente», e allo stesso tempo mi chiedevo come poteva essere possibile che ci fosse un’amicizia tra un “bully” (non vi faccio più spoiler) e qualcuno che non prova «niente». Quando ho letto la risposta alla mia domanda nell’epilogo mi sono ritrovata a piangere, ma questa volta era un pianto di liberazione.
“Essere umano” é una cosa alla che non mi sono adattata; i libri sono quelle finestre ad altri «io» a cui li possa —forse senza una personalità fissa— fare delle domande e loro riescano a rispondermi in ogni pagina. «Che essere umano sono io?»
Español:
Una reseña de Perla Sandoval
¿Será que “siento” más que el promedio? ¿Será que mi corazón en algún punto de su desarrollo conectó con mi cerebro de manera distinta al resto? ¿Es posible que a diferencia de los demás no sepa cómo encausar mis emociones y por eso siempre termine derramándome de alegría, tristeza, enojo, amor, frustración? Todas son preguntas que pasan por mi mente al menos una vez al día.
Cuando empecé a leer “Almendra” me preguntaba qué clase de emociones me haría sentir. Mi estado actual no está listo para emociones fuertes, ni siquiera la alegría extrema, mucho menos la pena devastadora. “No estoy lista para derramarme otra vez”, pensaba.
Con cada página encontré consuelo en Yunjae, este niño de 16 años que no “siente”, y al mismo tiempo me preguntaba cómo podría procesar la tragedia en su vida.
Tan distinta a mí como es la cultura coreana, no hizo sino engancharme la historia de Yunjae y Gon. ¿Cómo pueden ser amigos un “bully” y alguien “que no siente”?.
Para cuando leí el epílogo me volví a derramar. “Ser humano” le dicen a esta condición a la que sigo adaptándome y son los libros esas ventanas a otros yo que tal vez —sin una personalidad fija— me atrevo a husmear para volverme a preguntar y contestarme en cada página «¿Qué ser humano soy yo?».